L’intento del film è restituire una visione del compito più dif-
ficile che dovette affrontare Franco Basaglia: cambiare la men-
talità delle persone.
È questa la motivazione dichiarata del lavoro documentaristico che sarà protagonista del secondo appuntamento di Visioni della Mente, lunedì 12 febbraio dalle 20.30 a Vicenza.
Le parole sono di Erika Rossi, regista triestina che alla sua città ha voluto dedicare molta parte della sua ricerca artistica espressa in campo cinematografico. Un’analisi di un periodo storico epocale, focus del film, ovvero degli anni tra il 1971 e il 1979 quando Franco Basaglia e un pugno di medici e operatori, si adoperavano per dare vita ad una svolta avanguardistica quanto necessaria: la chiusura dei manicomi, per la quale si battevano, era solo la punta di un iceberg, sotto il quale giaceva un’insormontabile pregiudizio, fatto di paure e abnegazioni, nei confronti – in primis – del rispetto delle vite umane.
La malattia mentale è stata sempre vista una “colpa” troppo grande per non venire nascosta agli occhi di una società che persegue la perfezione artefatta delle apparenze. Pertanto, l’abbattimento di un cancello che conduceva ad un obsoleto ospedale psichiatrico stava a significare molto di più che la chiusura di un luogo: determinava un punto di svolta, un rifiuto di tutto ciò che prima c’era stato, ovvero il modo indegno di trattare persone malate, totalmente relegate dal resto del mondo. Ma significava anche un rifiuto nei confronti di un’istituzione ancorata a modalità lesive della dignità fisica e psichica della persona, con ricorso ad elettroshock o contenzioni fisiche o farmacologiche sempre più frequenti.
Il veneziano Basaglia, così poco amato dalle istituzioni mediche refrattarie ai cambiamenti, invece percorre a testa alta la sua strada rivoluzionaria, consapevole che lo scoglio più grande che si troverà ad affrontare sarà quella di cambiare le menti.
Nelle sue Conferenze Brasiliane, del 1979, Basaglia racconta:
“Voler distruggere l’ospedale significa minacciare l’istituzione ospedale e anche minacciare di portare la follia nelle strade. Il teatro della follia finisce, il regista dello spettacolo sale sul palco e dice “signori, lo spettacolo è finito”. Allora comincia la sofferenza di tutta una popolazione che pensa che senza quel teatro lo spettacolo sarà inscenato nelle strade. Qui entra in gioco l’abilità dei nuovi tecnici nel dimostrare che il problema degli impulsi non è legato alla follia, ma alla condizione umana. La follia può essere l’espressione di una situazione, di una condizione folle.”
Com’è cambiata Triste, dopo, o meglio, assieme, a quella rivoluzione? Cosa ha appreso da essa, come ha contribuito all’evoluzione dell’istituzione?
E ancora, qual è il retaggio che ancora è presente, e qual è la direzione da perseguire per non ricadere negli errori del passato?
Questi interrogativi potranno essere spunto di dibattito, LUNEDI 12 FEBBRAIO, in compagnia della regista Erika Rossi, anticipando la proiezione del suo “Trieste racconta Basaglia” (2010), prima occasione per Visioni della Mente per affrontare il tema “la città e i luoghi di cura”.
La rassegna è a cura di Walter Ronzani e Gli Stati della Mente, in collaborazione con ULSS 8 BERICA e Kairos Donna.
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VISIONI DELLA MENTE #2
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